La traviata

Opera in four (originally three) acts by Giuseppe Verdi
Libretto by Francesco Maria Piave

Violetta Valéry: Maria Callas
Alfredo Germont: CesareValletti
Giorgio Germont: Giuseppe Taddei
Flora Bervoix: Cristina Girón
Il barone Douphol: Gilberto Cerda
Il dottor Grenvil: Ignacio Ruffino
Gastone di Letorières: Carlos Sagarmínaga
Il marchese d’Obigny: Francisco Alonso
Annina: Luz María Farfán

National Symphony Orchestra, Oliviero de Fabritiis
Chorus of Ópera Nacional, Luis Mendoza López

Palacio de Bellas Artes, México City
Recorded live on July 17, 1951

Note: The words in red indicate portions that were omitted in this performance.

ATTO I

Preludio

SCENA PRIMA
(Salotto in casa di Violetta. Nel fondo èla porta che mette ad altra sala; ve nesono altre due laterali; a sinistra, un caminetto con sopra uno specchio. Nel mezzo è una tavola riccamente imbandita. Violetta, seduta sopra un divano, sta discorrendo col Dottore e con alcuni amici, mentre altri vanno ad incontrare quelli che sopraggiungono, tra i quali sono il Barone e Flora al braccio del Marchese.)

CORO I
Dell’invito trascorsa è già’ l’ora
Voi tardaste…

CORO II
Giocammo da Flora.
E giocando quell’ore volar.

VIOLETTA
(andando loro incontro)
Flora, amici, la notte che resta
D’altre gioie qui fate brillar
Fra le tazze è più viva la festa…

FLORA E MARCHESE
E goder voi potrete?

VIOLETTA
Lo voglio;
Al piacere m’affido, ed io soglio
Col tal farmaco i mali sopir.

TUTTI
Sì, la vita s’addoppia al gioir.

SCENA SECONDA
(Detti, il Visconte Gastone de Letorieres, Alfredo Germont. Servi affacendati intorno alla mensa.)

GASTONE
(entrando con Alfredo)
In Alfredo Germont, o signora,
Ecco un altro che molto vi onora;
Pochi amici a lui simili sono.

VIOLETTA
(Dà la mano ad Alfredo, che gliela bacia.)
Mio Visconte,
merce’ di tal dono.

MARCHESE
Caro Alfredo.

ALFREDO
Marchese.

(Si stringono la mano.)

GASTONE
(ad Alfredo)
T’ho detto:
L’amistà qui s’intreccia al diletto.

(i servi frattanto avranno imbandito le vivande.)

VIOLETTA
(ai servi)
Pronto è il tutto?

(Un servo accenna di sì.)

Miei cari sedete:
È al convito che s’apre ogni cor.

TUTTI
Ben diceste le cure segrete
Fuga sempre l’amico licor.

(Siedono in modo che Violetta resti tra Alfredo e Gastone, di fronte vi sarà Flora, tra il Marchese ed il Barone, gli altri siedono a piacere. V’ha un momento di silenzio; frattanto passano i piatti, e Violetta e Gastone parlano sottovoce tra loro, poi:)

GASTONE
(piano, a Violetta)
Sempre Alfredo a voi pensa.

VIOLETTA
Scherzate?

GASTONE
Egra foste, e ogni dì con affanno
Qui volò, di voi chiese.

VIOLETTA
Cessate.
Nulla son io per lui.

GASTONE
Non v’inganno.

VIOLETTA
(ad Alfredo)
Vero è dunque? onde è ciò?
Nol comprendo.

ALFREDO
(sospirando)
Si, egli è ver.

VIOLETTA
(ad Alfredo)
Le mie grazie vi rendo.
Voi Barone, feste altrettanto.

BARONE
Vi conosco da un anno soltanto.

VIOLETTA
Ed ei solo da qualche minuto.

FLORA
(piano al Barone)
Meglio fora se aveste taciuto.

BARONE
(piano a Flora)
Mi è increscioso quel giovin.

FLORA
Perchè?
A me invece simpatico egli è.

GASTONE
(ad Alfredo)
E tu dunque non apri più bocca?

MARCHESE
(a Violetta)
È a madama che scuoterlo tocca.

VIOLETTA
(Mesce ad Alfredo)
Sarò l’Ebe che versa.

ALFREDO
(con galanteria)
E ch’io bramo immortal come quella.

TUTTI
Beviamo.

GASTONE
O barone, nè un verso, nè un viva
Troverete in quest’ora giuliva?

(Il Barone accenna di no.)

Dunque a te.

(ad Alfredo)

TUTTI
Sì, sì, un brindisi.

ALFREDO
L’estro non m’arride.

GASTONE
E non sè tu maestro?

ALFREDO
(a Violetta)
Vi fia grato?

VIOLETTA
Sì.

ALFREDO
(S’alza.)
Sì? L’ho già in cor.

MARCHESE
Dunque attenti.

TUTTI
Sì, attenti al cantor.

ALFREDO
Libiamo nè lieti calici
Che la bellezza infiora,
E la fuggevol ora
S’inebri a voluttà.
Libiam nè dolci fremiti
Che suscita l’amore,
Poichè quell’occhio al core

(indicando Violetta)

Onnipotente va.
Libiamo, amor fra i calici
Più caldi baci avrà.

TUTTI
Libiamo, amor fra i calici
Più caldi baci avrà.

VIOLETTA
(S’alza.)
Tra voi saprò dividere
Il tempo mio giocondo;
Tutto è follia nel mondo
Ciò che non è piacer.
Godiam, fugace e rapido
È il gaudio dell’amore;
È un fior che nasce e muore,
Nè più si può goder.
Godiam c’invita un fervido
Accento lusinghier.

TUTTI
Godiam la tazza e il cantico
La notte abbella e il riso;
In questo paradiso
Ne scopra il nuovo dì.

VIOLETTA
(ad Alfredo)
La vita è nel tripudio.

ALFREDO
(a Violetta)
Quando non s’ami ancora.

VIOLETTA
(ad Alfredo)
Nol dite a chi l’ignora.

ALFREDO
(a Violetta)
È il mio destin così.

TUTTI
Godiam la tazza e il cantico
La notte abbella e il riso;
In questo paradiso
Ne scopra il nuovo dì.

(S’ode musica dal’altra sala.)

Che è ciò?

VIOLETTA
Non gradireste ora le danze?

TUTTI
Oh, il gentil pensier! tutti accettiamo.

VIOLETTA
Usciamo dunque.

(S’avviano alla porta di mezzo, ma Violetta è colta da subito pallore.)

Ohimè!

TUTTI
Che avete?

VIOLETTA
Nulla, nulla.

TUTTI
Che mai v’arresta.

VIOLETTA
Usciamo…

(Fa qualche passo, ma è obbligata a nuovamente fermarsi e sedere.)

Oh Dio!

TUTTI
Ancora!

ALFREDO
Voi soffrite?

TUTTI
O ciel! ch’è questo?

VIOLETTA
Un tremito che provo
Or là passate…

(indica l’altra sala.)

Tra poco anch’io sarò.

TUTTI
Come bramate.

(Tutti passano all’altra sala, meno Alfredo che resta indietro.)

SCENA TERZA

VIOLETTA
(guardandosi allo specchio)
Oh qual pallor!

(Volgendosi, s’accorge d’Alfredo.)

Voi qui!

ALFREDO
Cessata è l’ansia che vi turbò?

VIOLETTA
Sto meglio.

ALFREDO
Ah, in cotal guisa
V’ucciderete aver v’è d’uopo cura
Dell’esser vostro.

VIOLETTA
E lo potrei?

ALFREDO
Se mia
Foste, custode io veglierei pe’vostri
Soavi dì.

VIOLETTA
Che dite? ha forse alcuno
Cura di me?

ALFREDO
(con fuoco)
Perchè nessuno al mondo v’ama.

VIOLETTA
Nessun?

ALFREDO
Tranne sol io.

VIOLETTA
(ridendo)
Gli è vero!
Sì grande amor dimenticato avea.

ALFREDO
Ridete? e in voi v’ha un core?

VIOLETTA
Un cor?
sì forse e a che lo richiedete?

ALFREDO
Oh, se ciò fosse, non potreste allora
Celiar.

VIOLETTA
Dite davvero?

ALFREDO
Io non v’inganno.

VIOLETTA
Da molto è che mi amate?

ALFREDO
Ah sì, da un anno.
Un dì, felice, eterea,
Mi balenaste innante,
E da quel dì tremante
Vissi d’ignoto amor.
Di quell’amor ch’è palpito
Dell’universo intero,
Misterioso, altero,
Croce e delizia al cor.

VIOLETTA
Ah, se ciò è ver, fuggitemi
Solo amistade io v’offro:
Amar non so, nè soffro
Un così eroico amor.
Io sono franca, ingenua;
Altra cercar dovete;
Non arduo troverete
Dimenticarmi allor.

GASTONE
(Si presenta sulla porta di mezzo.)
Ebben? che diavol fate?

VIOLETTA
Si folleggiava.

GASTONE
Ah! ah! sta ben restate.

(Rientra.)

VIOLETTA
(ad Alfredo)
Amor dunque non più
Vi garba il patto?

ALFREDO
Io v’obbedisco. Parto.

(per andarsene)

VIOLETTA
(Si toglie un fiore dal seno.)
A tal giungeste?
Prendete questo fiore.

ALFREDO
Perchè?

VIOLETTA
Per riportarlo.

ALFREDO
(tornando)
Quando?

VIOLETTA
Quando
Sarà appassito.

ALFREDO
O ciel! Domani.

VIOLETTA
Ebben, domani.

ALFREDO
(Prende con trasporto il fiore.)
Io son felice!

VIOLETTA
D’amarmi dite ancora?

ALFREDO
(per partire)
Oh, quanto v’amo!

VIOLETTA
Partite?

ALFREDO
(tornando a lei baciandole la mano)
Parto.

VIOLETTA
Addio.

ALFREDO
Di più non bramo.

(Esce.)

SCENA QUARTA
(Violetta e tutti gli altri che tornano dalla sala riscaldati dalle danze.)

TUTTI
Si ridesta in ciel l’aurora,
E n’è forza di partir;
Merce’ a voi, gentil signora,
Di sì splendido gioir.
La città di feste è piena,
Volge il tempo dei piacer;
Nel riposo ancor la lena
Si ritempri per goder!

(Partono alla destra)

SCENA QUINTA

VIOLETTA
(sola.)
È strano! è strano! in core
Scolpiti ho quegli accenti!
Saria per me sventura un serio amore?
Che risolvi, o turbata anima mia?
Null’uomo ancora t’accendeva o gioia
Ch’io non conobbi,
essere amata amando!
E sdegnarla poss’io
Per l’aride follie del viver mio?
Ah, fors’è lui che l’anima
Solinga nè tumulti
Godea sovente pingere
De’ suoi colori occulti!
Lui che modesto e vigile
All’egre soglie ascese,
E nuova febbre accese,
Destandomi all’amor.
A quell’amor ch’è palpito
Dell’universo intero,
Misterioso, altero,
Croce e delizia al cor.
A me fanciulla, un candido
E trepido desire
Questi effigiò dolcissimo
Signor dell’avvenire,
Quando nè cieli il raggio
Di sua beltà vedea,
E tutta me pascea
Di quel divino error.
Sentia che amore è palpito
Dell’universo intero,
Misterioso, altero,
Croce e delizia al cor!

(Resta concentrata un istante, poi dice)

Follie! follie delirio vano è questo!
Povera donna, sola
Abbandonata in questo
Popoloso deserto
Che appellano Parigi,
Che spero or più?
Che far degg’io!
Gioire,
Di voluttà nei vortici perire.
Sempre libera degg’io
Folleggiar di gioia in gioia,
Vò che scorra il viver mio
Pei sentieri del piacer,
Nasca il giorno, o il giorno muoia,
Sempre lieta nè ritrovi
A diletti sempre nuovi
Dee volare il mio pensier.

ALFREDO
(fuori)
Amor è palpito…

VIOLETA
Oh!

ALFREDO
…dell’universo intero…

VIOLETA
Oh! Amore!

ALFREDO
Misterioso, altero,
Croce e delizia al cor.


ATTO II

SCENA PRIMA
(Casa di campagna presso Parigi. Salotto terreno. Nel fondo in faccia agli spettatori, è un camino, sopra il quale uno specchio ed un orologio, fra due porte chiuse da cristalli che mettono ad un giardino. Al primo piano, due altre porte, una di fronte all’altra. Sedie, tavolini, qualche libro, l’occorrente per scrivere)

ALFREDO
(deponendo il fucile)
Lunge da lei per me non v’ha diletto!
Volaron già tre lune
Dacchè la mia Violetta
Agi per me lasciò, dovizie, onori,
E le pompose feste
Ove, agli omaggi avvezza,
Vedea schiavo ciascun di sua bellezza.
Ed or contenta in questi ameni luoghi
Tutto scorda per me. Qui presso a lei
Io rinascer mi sento,
E dal soffio d’amor rigenerato
Scordo nè gaudi suoi tutto il passato.
De’ miei bollenti spiriti
Il giovanile ardore
Ella temprò col placido
Sorriso dell’amore!
Dal dì che disse: vivere
Io voglio a te fedel,
Dell’universo immemore
Io vivo quasi in ciel.

SCENA SECONDA
(Detto ed Annina in arnese da viaggio.)

ALFREDO
Annina, donde vieni?

ANNINA
Da Parigi.

ALFREDO
Chi tel commise?

ANNINA
Fu la mia signora.

ALFREDO
Perchè?

ANNINA
Per alienar cavalli, cocchi,
E quanto ancor possiede.

ALFREDO
Che mai sento!

ANNINA
Lo spendio è grande a viver qui solinghi

ALFREDO
E tacevi?

ANNINA
Mi fu il silenzio imposto.

ALFREDO
Imposto! or v’abbisogna?

ANNINA
Mille luigi.

ALFREDO
Or vanne andrò a Parigi.
Questo colloquio ignori la signora.
Il tutto valgo a riparare ancora.

(Annina parte.)

SCENA TERZA

ALFREDO
(solo)
O mio rimorso! O infamia
E vissi in tale errore?
Ma il turpe sogno a frangere
Il ver mi balenò.
Per poco in seno acquetati,
O grido dell’onore;
M’avrai securo vindice;
Quest’onta laverò.

(esce)

SCENA QUARTA
(Violetta ch’entra con alcune carte, parlando con Annina, poi Giuseppe a tempo.)

VIOLETTA
Alfredo?

ANNINA
Per Parigi or or partiva.

VIOLETTA
E tornerà?

ANNINA
Pria che tramonti il giorno…
Dirvel m’impose.

VIOLETTA
È strano!

ANNINA
(presentandole una lettera)
Per voi.

VIOLETTA
(La prende.)
Sta bene. In breve
Giungerà un uom d’affari…
entri all’istante.

(Annina e Giuseppe escono.)

SCENA QUINTA

VIOLETTA
(leggendo la lettera)
Ah, ah, scopriva Flora il mio ritiro!
E m’invita a danzar per questa sera!
Invan m’aspetterà.

(Getta il foglio sul tavolino e siede.)

ANNINA
È qui un signore.

VIOLETTA
Ah! sarà lui che attendo.

(Accenna a Giuseppe d’introdurlo.)

GERMONT
Madamigella Valéry?

VIOLETTA
Son io.

GERMONT
D’Alfredo il padre in me vedete!

VIOLETTA
(Sorpresa, gli accenna di sedere.)
Voi!

GERMONT
(sedendo)
Sì, dell’incauto, che a ruina corre,
Ammaliato da voi.

VIOLETTA
(alzandosi risentita)
Donna son io, signore,
ed in mia casa;
Ch’io vi lasci assentite,
Più per voi che per me.

(per uscire)

GERMONT
(fra sè)
Quai modi!

Pure…

VIOLETTA
Tratto in error voi foste.

(Toma a sedere.)

GERMONT
De’ suoi beni
Dono vuol farvi.

VIOLETTA
Non l’osò finora
Rifiuterei.

GERMONT
(guardandosi intorno)
Pur tanto lusso…

VIOLETTA
A tutti
È mistero quest’atto
A voi nol sia.

(Gli dà le carte.)

GERMONT
(dopo averle scorse coll’occhio)
Ciel! che discopro!
D’ogni vostro avere
Or volete spogliarvi?
Ah, il passato perchè, perchè v’accusa?

VIOLETTA
(con entusiasmo)
Più non esiste or amo Alfredo, e Dio
Lo cancellò col pentimento mio.

GERMONT
Nobili sensi invero!

VIOLETTA
Oh, come dolce
Mi suona il vostro accento!

GERMONT
(alzandosi)
Ed a tai sensi
Un sacrificio chieggo.

VIOLETTA
(alzandosi)
Ah no, tacete
Terribil cosa chiedereste certo.
Il previdi v’attesi era felice
Troppo

GERMONT
D’Alfredo il padre
La sorte, l’avvenir domanda or qui
De’ suoi due figli.

VIOLETTA
Di due figli!

GERMONT
Sì.
Pura siccome un angelo
Iddio mi diè una figlia;
Se Alfredo nega riedere
In seno alla famiglia,
L’amato e amante giovane,
Cui sposa andar dovea,
Or si ricusa al vincolo
Che lieti ne rendea…
Deh, non mutate in triboli
Le rose dell’amor.
Ai preghi miei resistere
Non voglia il vostro cor.

VIOLETTA
Ah, comprendo dovrò per alcun tempo
Da Alfredo allontanarmi doloroso
Fora per me pur.

GERMONT
Non è ciò che chiedo.

VIOLETTA
Cielo, che più cercate?
offersi assai!

GERMONT
Pur non basta.

VIOLETTA
Volete che per sempre
a lui rinunzi?

GERMONT
È d’uopo!

VIOLETTA
Ah, no giammai!
Non sapete quale affetto
Vivo, immenso m’arda in petto?
Che nè amici, nè parenti
Io non conto tra i viventi?
E che Alfredo m’ha giurato
Che in lui tutto io troverò?
Non sapete che colpita
D’altro morbo è la mia vita?
Che già presso il fin ne vedo?
Ch’io mi separi da Alfredo?
Ah, il supplizio è si spietato,
Che a morir preferirò.

GERMONT
È grave il sacrifizio,
Ma pur tranquilla uditemi
Bella voi siete e giovane…
Col tempo…

VIOLETTA
Ah, più non dite
V’intendo m’è impossibile
Lui solo amar vogl’io.

GERMONT
Sia pure ma volubile
Sovente è l’uom.

VIOLETTA
Gran Dio!

GERMONT
Un dì, quando le veneri
Il tempo avrà fugate,
Fia presto il tedio a sorgere
Che sarà allor? pensate
Per voi non avran balsamo
I più soavi affetti
Poichè dal ciel non furono
Tai nodi benedetti.

VIOLETTA
È vero!

GERMONT
Ah, dunque sperdasi
Tal sogno seduttore
Siate di mia famiglia
L’angiol consolatore
Violetta, deh, pensateci,
Ne siete in tempo ancor.
È Dio che ispira, o giovine
Tai detti a un genitor.

VIOLETTA
(fra sè, con estremo dolore)
Così alla misera ch’è un dì caduta,
Di più risorgere speranza è muta!
Se pur beneficio le indulga Iddio,
L’uomo implacabile per lei sarà.

(a Germont, piangendo)

Dite alla giovine sì bella e pura
Ch’avvi una vittima della sventura,
Cui resta un unico raggio di bene
Che a lei il sacrifica e che morrà!

GERMONT
Sì, piangi, o misera supremo, il veggo,
È il sacrificio ch’ora io ti chieggo.
Sento nell’anima già le tue pene;
Coraggio e il nobile cor vincerà.

(Silenzio.)

VIOLETTA
Or imponete.

GERMONT
Non amarlo ditegli.

VIOLETTA
Nol crederà.

GERMONT
Partite.

VIOLETTA
Seguirammi.

GERMONT
Allor.

VIOLETTA
Qual figlia m’abbracciate forte
Così sarò.

(S’abbracciano.)

Tra breve ei vi fia reso,
Ma afflitto oltre ogni dire.
A suo conforto
Di colà volerete.

(Indicandogli il giardino, va per scrivere.)

GERMONT
Che pensate?

VIOLETTA
Sapendol, v’opporreste al pensier mio.

GERMONT
Generosa!
e per voi che far poss’io?

VIOLETTA
(tornando a lui)
Morrò! la mia memoria
Non fia ch’ei maledica,
Se le mie pene orribili
Vi sia chi almen gli dica.

GERMONT
No, generosa, vivere,
E lieta voi dovrete,
Merce’ di queste lagrime
Dal cielo un giorno avrete.

VIOLETTA
Conosca il sacrifizio
Ch’io consumai d’amor
Che sarà suo fin l’ultimo
Sospiro del mio cor.

GERMONT
Premiato il sacrifizio
Sarà del vostro amor;
D’un opra così nobile
Sarete fiera allor.

VIOLETTA
Qui giunge alcun: partite!

GERMONT
Ah, grato v’è il cor mio!

VIOLETTA
Non ci vedrem più forse.

(S’abbracciano.)

A DUE
Siate felice Addio!

(Germont esce per la porta del giardino.)

SCENA SESTA

VIOLETTA
Dammi tu forza, o cielo!

(Siede, scrive, poi suona il campanello
Annina entra)

ANNINA
Mi richiedeste?

VIOLETTA
Sì, reca tu stessa questo foglio

(Annina ne guarda la direzione e se ne mostra sorpresa.)

Silenzio va all’istante.

(Annina parte.)

Ed ora si scriva a lui
Che gli dirò?
Chi men darà il coraggio?

(Scrive e poi suggella.)

ALFREDO
(entrando)
Che fai?

VIOLETTA
(nascondendo la lettera)
Nulla.

ALFREDO
Scrivevi?

VIOLETTA
(confusa)
Sì… no…

ALFREDO
Qual turbamento! a chi scrivevi?

VIOLETTA
A te.

ALFREDO
Dammi quel foglio.

VIOLETTA
No, per ora.

ALFREDO
Mi perdona son io preoccupato.

VIOLETTA
(alzandosi)
Che fu?

ALFREDO
Giunse mio padre.

VIOLETTA
Lo vedesti?

ALFREDO
Ah no: severo scritto mi lasciava
Però l’attendo,
t’amerà in vederti.

VIOLETTA
(molto agitata)
Ch’ei qui non mi sorprenda
Lascia che m’allontani tu lo calma.

(mal frenato il pianto)

Ai piedi suoi mi getterò divisi
Ei più non ne vorrà sarem felici
Perchè tu m’ami,
Alfredo, non è vero?

ALFREDO
O, quanto. Perchè piangi?

VIOLETTA
Di lagrime avea d’uopo
or son tranquilla.

(sforzandosi)

Lo vedi? ti sorrido
Sarò là, tra quei fior
presso a te sempre.
Amami, Alfredo, quant’io t’amo
Addio.

(Corre in giardino.)

SCENA SETTIMA

ALFREDO
Ah, vive sol quel core all’amor mio!

(Siede, prende a caso un libro, legge alquanto, quindi si alza guarda l’ora ssull’orologio ovrapposto al camino.)

È tardi: ed oggi forse
Più non verrà mio padre.

GIUSEPPE
(entrando frettoloso)
La signora è partita
L’attendeva un calesse, e sulla via
Già corre di Parigi Annina pure
Prima di lei spariva.

ALFREDO
Il so, ti calma.

GIUSEPPE
(fra sè)
Che vuol dir ciò?

(Parte.)

ALFREDO
Va forse d’ogni avere
Ad affrettar la perdita Ma Annina
Lo impedirà.

(Si vede il padre attraversare
in lontananza il giardino.)

Qualcuno è nel giardino!
Chi è là?

(per uscire)

COMMISSARIO
(alla porta)
Il signor Germont?

ALFREDO
Son io.

COMMISSARIO
Una dama
Da un cocchio, per voi, di qua non lunge,
Mi diede questo scritto

(Dà una lettera ad Alfredo, ne riceve
qualche moneta e parte.)

SCENA OTTAVA

ALFREDO
Di Violetta! Perchè son io commosso!
A raggiungerla forse ella m’invita
Io tremo! Oh ciel! Coraggio!

(Apre e legge.)

“Alfredo, al giungervi di
questo foglio”

(come fulminato grida)

Ah!

(Volgendosi si trova a fronte del padre, nelle cui braccia si abbandona)

Padre mio!

GERMONT
Mio figlio!
Oh, quanto soffri!
tergi, ah, tergi il pianto
Ritorna di tuo padre orgoglio e vanto.

(Alfredo disperato, siede presso il
tavolino col volto tra le mani.)

Di Provenza il mar, il suol
chi dal cor ti cancello?
Al natio fulgente sol
qual destino ti furò?
Oh, rammenta pur nel duol
ch’ivi gioia a te brillò;
E che pace colà sol
su te splendere ancor può.
Dio mi guidò!
Ah! il tuo vecchio genitor
tu non sai quanto soffrì
Te lontano,
di squallor il suo tetto si coprì
Ma se alfin ti trovo ancor,
se in me speme non fallì,
Se la voce dell’onor
in te appien non ammuti,
Dio m’esaudì!

(abbracciandolo)

Nè rispondi d’un padre all’affetto?

ALFREDO
Mille serpi divoranmi il petto

(respingendo il padre)

Mi lasciate.

GERMONT
Lasciarti!

ALFREDO
(risoluto)
Oh vendetta!

GERMONT
Non più indugi; partiamo t’affretta

ALFREDO
(fra sè)
Ah, fu Douphol!

GERMONT
M’ascolti tu?

ALFREDO
No.

GERMONT
Dunque invano trovato t’avrò!
No, non udrai rimproveri;
Copriam d’oblio il passato;
L’amor che m’ha guidato,
Sa tutto perdonar.
Vieni, i tuoi cari in giubilo
Con me rivedi ancora:
A chi penò finora
Tal gioia non negar.
Un padre ed una suora
T’affretta a consolar.

ALFREDO
(Scuotendosi, getta a caso gli occhi sulla tavola, vede la lettera di Flora)
Ah! ell’è alla festa! volisi
L’offesa a vendicar.

(Fugge precipitoso.)

GERMONT
Che dici? Ah, ferma!

(Lo insegue.)


ATTO III

SCENA PRIMA
(Galleria nel palazzo di Flora, riccamente addobbata ed illuminata. Una porta nel fondo e due laterali. A
destra, più avanti, un tavoliere con quanto occorre pel giuoco; a sinistra, ricco tavolino con fiori e rinfreschi, varie sedie e un divano. Flora, il Marchese, il Dottore ed altri invitati entrano dalla sinistra discorrendo fra loro.)

FLORA
Avrem lieta di maschere la notte:
N’è duce il viscontino
Violetta ed Alfredo anco invitai.

MARCHESE
La novità ignorate?
Violetta e Germont sono disgiunti.

DOTTORE, FLORA
Fia vero?

MARCHESE
Ella verrà qui col barone.

DOTTORE
Li vidi ieri ancor parean felici.

(S’ode rumore a destra.)

FLORA
Silenzio udite?

TUTTI
Giungono gli amici.

SCENA SECONDA
(Detti, e molte signore mascherate da Zingare, che entrano dalla destra.)

ZINGARE
Noi siamo zingarelle
Venute da lontano;
D’ognuno sulla mano
Leggiamo l’avvenir.
Se consultiam le stelle
Null’avvi a noi d’oscuro,
E i casi del futuro
Possiamo altrui predir.

ZINGARA PRIMA
Vediamo! Voi, signora,

(Prendono la mano di Flora e l’osservano.)

Rivali alquante avete.

ZINGARA SECONDA
(Fanno lo stesso al Marchese.)
Marchese, voi non siete
Model di fedeltà.

FLORA
(al Marchese)
Fate il galante ancora?
Ben, vo’ me la paghiate.

MARCHESE
(a Flora)
Che dianzi vi pensate?
L’accusa è falsità.

FLORA
La volpe lascia il pelo,
Non abbandona il vizio
Marchese mio, giudizio
O vi farò pentir.

TUTTI
Su via, si stenda un velo
Sui fatti del passato;
Già quel ch’è stato è stato,
Badate/Badiamo all’avvenir.

(Flora ed il Marchese si stringono la mano.)

SCENA TERZA
(Detti, Gastone ed altri mascherati da Mattadori, Piccadori spagnuoli, ch’entrano vivamente dalla destra.)

GASTONE, MATTADORI
Di Madride noi siam mattadori,
Siamo i prodi del circo de’ tori,
Testè giunti a godere del chiasso
Che a Parigi si fa pel bue grasso;
E una storia, se udire vorrete,
Quali amanti noi siamo saprete.

GLI ALTRI
Sì, sì, bravi: narrate, narrate:
Con piacere l’udremo.

GASTONE, MATTADORI
Ascoltate.
È Piquillo un bel gagliardo
Biscaglino mattador:
Forte il braccio, fiero il guardo,
Delle giostre egli è signor.
D’andalusa giovinetta
Follemente innamorò;
Ma la bella ritrosetta
Così al giovane parlò:
Cinque tori in un sol giorno
Vò vederti ad atterrar;
E, se vinci, al tuo ritorno
Mano e cor ti vo’ donar.
Sì, gli disse, e il mattadore,
Alle giostre mosse il piè;
Cinque tori, vincitore
Sull’arena egli stende.

GLI ALTRI
Bravo, bravo il mattadore,
Ben gagliardo si mostrò
Se alla giovane l’amore
In tal guisa egli provò.

GASTONE, MATTADORI
Poi, tra plausi, ritornato
Alla bella del suo cor,
Colse il premio desiato
Tra le braccia dell’amor.

GLI ALTRI
Con tai prove i mattadori
San le belle conquistar!

GASTONE, MATTADORI
Ma qui son più miti i cori;
A noi basta folleggiar…

TUTTI
Sì, sì, allegri. Or pria tentiamo
Della sorte il vario umor;
La palestra dischiudiamo
Agli audaci giuocator.

(Gli uomini si tolgono la maschera, chi passeggia e chi si accinge a giuocare. Alfredo entra)

SCENA QUARTA
TUTTI
Alfredo! Voi!

ALFREDO
Sì, amici.

FLORA
Violetta?

ALFREDO
Non ne so.

TUTTI
Ben disinvolto! Bravo!
Or via, giuocar si può.

(Gastone si pone a tagliare, Alfredo ed altri puntano. Violetta entra al braccio del Barone.)

FLORA
(andandole incontro)
Qui desiata giungi.

VIOLETTA
Cessi al cortese invito.

FLORA
Grata vi son, barone,
d’averlo pur gradito.

BARONE
(piano a Violetta)
Germont è qui! il vedete!

VIOLETTA
(fra sè)
Ciel! gli è vero. Il vedo.

BARONE
(cupo)
Da voi non un sol detto si volga
A questo Alfredo
Non un detto, non un detto!

VIOLETTA
(fra sè)
Ah, perchè venni, incauta!
Pietà, Gran Dio, di me!

FLORA
(a Violetta, facendola sedere presso di sè sul divano)
Meco t’assidi:
narrami quai novità vegg’io?

(Il Dottore si avvicina ad esse, che sommessamente conversano. Il Marchese si trattiene a parte col Barone, Gastone taglia, Alfredo ed altn puntano, altri passeggiano.)

ALFREDO
Un quattro!

GASTONE
Ancora hai vinto.

ALFREDO
Sfortuna nell’amore
fortuna recca al giuoco!

(Punta e vince)

TUTTI
È sempre vincitore!

ALFREDO
Oh, vincerò stasera; e l’oro guadagnato
Poscia a goder tra’ campi ritornerò beato.

FLORA
Solo?

ALFREDO
No, no, con tale che vi fu meco ancora,
Poi mi sfuggia.

VIOLETTA
(fra sè)
Mio Dio!

GASTONE
(ad Alfredo, indicando Violetta)
Pietà di lei!

BARONE
(ad Alfredo, con mal frenata ira)
Signor!

VIOLETTA
(al Barone)
Frenatevi, o vi lascio.

ALFREDO
(disinvolto)
Barone, m’appellaste?

BARONE
Siete in sì gran fortuna,
Che al giuoco mi tentaste.

ALFREDO
(ironico)
Sì? la disfida accetto.

VIOLETTA
(fra sè)
Che fia? morir mi sento!
Pietà, gran Dio, di me!

BARONE
(puntando)
Cento luigi a destra.

ALFREDO
(puntando)
Ed alla manca cento.

GASTONE
Un asso, un fante, hai vinto!

BARONE
Il doppio?

ALFREDO
Il doppio sia.

GASTONE
(tagliando)
Un quattro, un sette.

TUTTI
Ancora!

ALFREDO
Pur la vittoria è mia!

CORO
Bravo davver!
la sorte è tutta per Alfredo!

FLORA
Del villeggiar la spesa farà il baron,
Già il vedo.

ALFREDO
(al Barone)
Seguite pur.

SERVO
La cena è pronta.

FLORA
Andiamo

CORO
(avviandosi)
Andiamo.
VIOLETTA
(fra sè)
Che fia? morir mi sento!
Pietà, gran Dio, di me!
ALFREDO
(al barone tra loro a parte)
Se continuar v’aggrada.

BARONE
Per ora nol possiamo:
Più tardi la rivincita.

ALFREDO
Al gioco che vorrete.

BARONE
Seguiam gli amici; poscia.

ALFREDO
Sarò qual bramerete. Andiam.
BARONE
Andiam.
(Tutti entrano nella porta di mezzo: la scena rimane un istante vuota.)

SCENA QUINTA
(Violetta che ritorna affannata)

VIOLETTA
Invitato a qui seguirmi,
Verrà desso? vorrà udirmi?
Ei verrà, che l’odio atroce
Puote in lui più di mia voce.

ALFREDO
Mi chiamaste? che bramate?

VIOLETTA
Questi luoghi abbandonate,
Un periglio vi sovrasta.

ALFREDO
Ah, comprendo! Basta, basta
E sì vile mi credete?

VIOLETTA
Ah no, mai.

ALFREDO
Ma che temete?

VIOLETTA
Temo sempre del Barone.

ALFREDO
È tra noi mortal quistione
S’ei cadrà per mano mia
Un sol colpo vi torria
Coll’amante il protettore
V’atterrisce tal sciagura?

VIOLETTA
Ma s’ei fosse l’uccisore?
Ecco l’unica sventura
Ch’io pavento a me fatale!

ALFREDO
La mia morte! Che ven cale?

VIOLETTA
Deh, partite, e sull’istante.

ALFREDO
Partirò, ma giura innante
Che dovunque seguirai
I passi miei.

VIOLETTA
Ah, no, giammai.

ALFREDO
No! giammai!

VIOLETTA
Va, sciagurato.
Scorda un nome ch’è infamato.
Va mi lascia sul momento
Di fuggirti un giuramento
Sacro io feci.

ALFREDO
A chi? Dillo, chi potea?

VIOLETTA
A chi diritto pien ne avea.

ALFREDO
Fu Douphol?

VIOLETTA
(con supremo sforzo)
Sì.

ALFREDO
Dunque l’ami?

VIOLETTA
Ebben l’amo.

ALFREDO
(Corre furente alla porta e grida )
Or tutti a me.

SCENA SESTA
(Detti, e tutti i precedenti che confusamente ritornano.)

TUTTI
Ne appellaste? Che volete?

ALFREDO
(additando Violetta che abbattuta si appoggia al tavolino)
Questa donna conoscete?

TUTTI
Chi? Violetta?

ALFREDO
Che facesse
Non sapete?

VIOLETTA
Ah, taci

TUTTI
No.

ALFREDO
Ogni suo aver tal femmina
Per amor mio sperdea
Io cieco, vile, misero,
Tutto accettar potea,
Ma è tempo ancora! Tergermi
Da tanta macchia bramo.
Qui testimoni vi chiamo
Che qui pagata io l’ho.

(Getta con furente sprezzo una borsa ai piedi di Violetta, che sviene tra le braccia di Flora e del Dottore. In tal momento entra il padre.)

SCENA SETTIMA
TUTTI
Oh, infamia orribile tu commettesti!
Un cor sensibile così uccidesti!
Di donne ignobile insultator,
Di qui allontanati, ne desti orror.
Va’, va’, ne desti orror!

GERMONT
(con dignitoso fuoco)
Di sprezzo degno se stesso rende
Chi pur nell’ira la donna offende.
Dov’è mio figlio? più non lo vedo:
In te più Alfredo – trovar non so.

(fra sè)

Io sol fra tanti so qual virtude
Di quella misera il sen racchiude
Io so che l’ama, che gli è fedele,
Eppur, crudele, – tacer dovrò!

ALFREDO
(da sè)
Ah sì che feci! ne sento orrore.
Gelosa smania, deluso amore
Mi strazia l’alma più non ragiono.
Da lei perdono più non avrò.
Volea fuggirla non ho potuto!
Dall’ira spinto son qui venuto!
Or che lo sdegno ho disfogato,
Me sciagurato! rimorso n’ho.

VIOLETTA
(riavendosi)
Alfredo, Alfredo, di questo core
Non puoi comprendere tutto l’amore;
Tu non conosci che fino a prezzo
Del tuo disprezzo, provato io l’ho!
Ma verrà giorno in che il saprai
Com’io t’amassi confesserai
Dio dai rimorsi ti salvi allora;
Io spenta ancora, pur t’amerò.

BARONE
(piano ad Alfredo)
A questa donna l’atroce insulto
Qui tutti offese, ma non inulto
Fia tanto oltraggio – provar vi voglio
Che tanto orgoglio – fiaccar saprò.

TUTTI
(a Violeta)
Ah, quanto peni! Ma pur fa core
Qui soffre ognuno del tuo dolore;
Fra cari amici qui sei soltanto;
Rasciuga il pianto – che t’inondò.


ATTO IV

Preludio

SCENA PRIMA
(Camera da letto di Violetta. Nel fondo è un letto con cortine mezze tirate; una finestra chiusa da imposte interne; presso il letto uno sgabello su cui una bottiglia di acqua, una tazza di cristallo, diverse medicine. A metà della scena una toilette, vicino un canapè; più distante un altro mobile, sui cui arde un lume da notte; varie sedie ed altri mobili. La porta è a sinistra; di fronte v’è un caminetto con fuoco acceso. Violetta dorme sul letto. Annina, seduta presso il caminetto, è pure addormentata.)

VIOLETTA
(destandosi)
Annina?

ANNINA
(svegliandosi confusa)
Comandate?

VIOLETTA
Dormivi, poveretta?

ANNINA
Sì, perdonate.

VIOLETTA
Dammi d’acqua un sorso.

(Annina eseguisce.)

Osserva, è pieno il giorno?

ANNINA
Son sett’ore.

VIOLETTA
Dà accesso a un po’ di luce.

(Apre le imposte e guarda nella via.)

ANNINA
Il signor di Grenvil!

VIOLETTA
Oh, il vero amico!
Alzar mi vo’ m’aita.

(Si rialza e ricade; poi, sostenuta da Annina, va lentamente verso il canapè, ed il Dottore entra in tempo per assisterla ad adagiarsi. Annina vi aggiunge dei cuscini.)

SCENA SECONDA

VIOLETTA
Quanta bontà
pensaste a me per tempo!

DOTTORE
(Le tocca il polso.)
Sì, come vi sentite?

VIOLETTA
Soffre il mio corpo,
ma tranquilla ho l’alma.
Mi confortò iersera un pio ministro.
Ah, religione è sollievo à sofferenti.

DOTTORE
E questa notte?

VIOLETTA
Ebbi tranquillo il sonno.

DOTTORE
Coraggio adunque, la convalescenza
Non è lontana.

VIOLETTA
Oh, la bugia pietosa
Ai medici è concessa.

DOTTORE
(stringendole la mano)
Addio, a più tardi.

VIOLETTA
Non mi scordate.

ANNINA
(piano al Dottore accompagnandolo)
Come va, signore?

DOTTORE
(piano a parte)
La tisi non le accorda che poche ore.

(Esce.)

SCENA TERZA

ANNINA
Or fate cor.

VIOLETTA
Giorno di festa è questo?

ANNINA
Tutta Parigi impazza, è carnevale.

VIOLETTA
Ah, nel comun tripudio, sallo il cielo
Quanti infelici soffron! Quale somma
V’ha in quello stipo?

(indicandolo)

ANNINA
(L’apre e conta.)
Venti luigi.

VIOLETTA
Dieci ne reca ai poveri tu stessa.

ANNINA
Poco rimanvi allora.

VIOLETTA
Oh, mi saran bastante;
Cerca poscia mie lettere.

ANNINA
Ma voi?

VIOLETTA
Nulla’occorrà sollecita, se puoi

(Annina esce)

SCENA QUARTA

VIOLETTA
(Trae dal seno una lettera.)
“Teneste la promessa, la disfida Ebbe luogo!
Il barone fu ferito, però migliora.
Alfredo è in stranio suolo; il vostro sacrifizio
Io stesso gli ho svelato; egli a voi tornerà
Pel suo perdono; Io pur verrò.
Curatevi, meritate un avvenir migliore.
Giorgio Germont”.

(desolata)

È tardi!

(Si alza.)

Attendo, attendo, nè a me giungon mai!…

(Si guarda allo specchio.)

Oh, come son mutata!
Ma il dottore a sperar pure m’esorta!
Ah, con tal morbo ogni speranza è morta.
Addio, del passato bei sogni ridenti,
Le rose del volto già son pallenti;
L’amore d’Alfredo perfino mi manca,
Conforto, sostegno dell’anima stanca.
Ah, della traviata sorridi al desio;
A lei, deh, perdona; tu accoglila, o Dio!
Ah! Tutto, tutto finì. Tutto, tutto finì.
Le gioie, i dolori tra poco avran fine,
La tomba ai mortali di tutto è confine!
Non lagrima o fiore avrà la mia fossa,
Non croce col nome che copra quest’ossa!
Ah, della traviata sorridi al desio;
A lei, deh, perdona; tu accoglila, o Dio.
Or tutto finì!

CORO DI MASCHERE
(all’esterno)
Largo al quadrupede
Sir della festa,
Di fiori e pampini
Cinto la testa
Largo al più docile
D’ogni cornuto,
Di corni e pifferi
Abbia il saluto.
Parigini, date passo
Al trionfo del Bue grasso.
L’Asia, nè l’Africa
Vide il più bello,
Vanto ed orgoglio
D’ogni macello
Allegre maschere,
Pazzi garzoni,
Tutti plauditelo
Con canti e suoni!
Parigini, date passo
Al trionfo del Bue grasso.

SCENA QUINTA
(Detta ed Annina, che torna frettolosa.)

ANNINA
(esitando)
Signora!

VIOLETTA
Che t’accade?

ANNINA
Quest’oggi, è vero?
Vi sentite meglio?

VIOLETTA
Sì, perchè?

ANNINA
D’esser calma promettete?

VIOLETTA
Sì, che vuoi dirmi?

ANNINA
Prevenir vi volli
Una gioia improvvisa.

VIOLETTA
Una gioia! dicesti?

ANNINA
Sì, o signora

VIOLETTA
Alfredo!
Ah, tu il vedesti? ei vien! l’affretta.

(Annina afferma col capo, e va ad aprire la porta.)

SCENA SESTA

VIOLETTA
(Andando verso l’uscio.)
Alfredo!

(Alfredo comparisce pallido per la
commozione, ed ambedue, gettandosi
le braccia al collo, esclamano:)

Amato Alfredo!

ALFREDO
Mia Violetta!
Colpevol sono…
so tutto, o cara.

VIOLETTA
Io so che alfine reso mi sei!

ALFREDO
Da questo palpito s’io t’ami impara,
Senza te esistere più non potrei.

VIOLETTA
Ah, s’anco in vita m’hai ritrovata,
Credi che uccidere non può il dolor.

ALFREDO
Scorda l’affanno, donna adorata,
A me perdona e al genitor.

VIOLETTA
Ch’io ti perdoni? la rea son io:
Ma solo amore tal mi rende…

A DUE
Null’uomo o demone, angelo mio,
Mai più staccarti potrà da me.
Parigi, o cara/o noi lasceremo,
La vita uniti trascorreremo:
De’ corsi affanni compenso avrai,
La mia/tua salute rifiorirà.
Sospiro e luce tu mi sarai,
Tutto il futuro ne arriderà.

VIOLETTA
Ah, non più, a un tempio
Alfredo, andiamo,
Del tuo ritorno grazie rendiamo

(Vacilla.)

ALFREDO
Tu impallidisci.

VIOLETTA
È nulla, sai!
Gioia improvvisa non entra mai
Senza turbarlo in mesto core.

(Si abbandona come sfinita sopra una sedia col capo cadente all’indietro.)

ALFREDO
(spaventato, sorreggendola)
Gran Dio! Violetta!

VIOLETTA
(sforzandosi)
È il mio malore
Fu debolezza!
ora son forte.

(sforzandosi)

Vedi? sorrido.

ALFREDO
(desolato, fra sè)
Ahi, cruda sorte!

VIOLETTA
Fu nulla Annina, dammi a vestire.

ALFREDO
Adesso? Attendi.

VIOLETTA
(alzandosi)
No, voglio uscire.

(Annina le presenta una veste ch’ella fa per indossare e impedita dalla debolezza, esclama:)

Gran Dio! non posso!

(Getta con dispetto la veste e ricade sulla sedia.)

ALFREDO
Cielo! che vedo!

(ad Annina)

Va pel dottore.

VIOLETTA
(ad Annina)
Ah! Digli che Alfredo
È ritornato all’amor mio
Digli che vivere ancor vogl’io.

(Annina parte. ad Alfredo)

Ma se tornando non m’hai salvato,
A niuno in terra salvarmi è dato.

(sorgendo impetuosa)

Gran Dio! morir sì giovane,
Io che penato ho tanto!
Morir sì presso a tergere
Il mio sì lungo pianto!
Ah, dunque fu delirio
La cruda mia speranza;
Invano di costanza
Armato avrò il mio cor!

ALFREDO
Oh mio sospiro, oh palpito,
Diletto del cor mio!
Le mie colle tue lagrime
Confondere degg’io
Ma più che mai, deh, credilo,
M’è d’uopo di costanza,
Ah! tutto alla speranza
Non chiudere il tuo cor.
Violetta mia, deh, calmati,
M’uccide il tuo dolor.
VIOLETTA
Alfredo! oh, il crudo termine
Serbato al nostro amor!

(Violetta s’abbatte sul canapè.)

SCENA ULTIMA

(Detti, Annina, il signor Germont, ed il Dottore.)

GERMONT
Ah, Violetta!

VIOLETTA
Voi, Signor!

ALFREDO
Mio padre!

VIOLETTA
Non mi scordaste?

GERMONT
La promessa adempio
A stringervi qual figlia vengo al seno,
O generosa.

VIOLETTA
Ahimè, tardi giungeste!
Pure, grata ven sono
Grenvil, vedete? tra le braccia io spiro
Di quanti ho cari al mondo.

GERMONT
Che mai dite!

(osservando Violetta, fra sè)

Oh cielo è ver!

ALFREDO
La vedi, padre mio?

GERMONT
Di più non lacerarmi
Troppo rimorso l’alma mi divora
Quasi fulmin m’atterra ogni suo detto
Oh, malcauto vegliardo!
Ah, tutto il mal ch’io feci ora sol vedo!

VIOLETTA
(frattanto avrà aperto a stento un ripostiglio della toilette, e toltone un medaglione dice:)
Più a me t’appressa ascolta,
Amato Alfredo.
Prendi: quest’è l’immagine
De’ miei passati giorni;
A rammentar ti torni
Colei che sì t’amò.
ALFREDO
No, non morrai, non dirmelo…
Dei viver, amor mio
A strazio sì terribile
Qui non mi trasse Iddio.

GERMONT
Cara, sublime vittima
D’un disperato amore,
Perdonami lo strazio
Recato al tuo bel core.

VIOLETTA
Se una pudica vergine
Degli anni suoi nel fiore
A te donasse il core
Sposa ti sia, lo vo’.
Le porgi questa effigie:
Dille che dono ell’è
Di chi nel ciel tra gli angeli
Prega per lei, per te.

GERMONT, DOTTORE, ANNINA
Finchè avrà il ciglio lacrime
Io piangerò per te
Vola à beati spiriti;
Iddio ti chiama a sè.
ALFREDO
Sì presto, ah no, dividerti
Morte non può da me.
Ah, vivi, o un solo feretro
M’accoglierà con te.

VIOLETTA
(rialzandosi animata)
È strano!

TUTTI
Che!

VIOLETTA
Cessarono
Gli spasimi del dolore.
In me rinasce m’agita
Insolito vigor!
Ah! Ma io ritorno a viver!

(trasalendo)

Oh gioia!

(Ricade sul canapè.)

TUTTI
O cielo! muor!

ALFREDO
Violetta!

ANNINA, GERMONT
Oh Dio, soccorrasi…

DOTTORE
(dopo averle toccato il polso)
È spenta!

TUTTI
Oh mio dolor!

(quadro e cala la tela.)

FINE