Il trovatore

Opera in four acts by Giuseppe Verdi
Libretto by Salvatore Cammarano
Leonora: Maria Callas
Manrico: Kurt Baum
Azucena: Giulietta Simionato
Il Conte di Luna: Leonard Warren
Ferrando: Nicola Moscona
Ruiz: Carlos Sagarmínaga
Ines: Ana María Feuss

Orchestra of the Unión Filarmónica, Guido Picco
Chorus of Ópera Nacional, Luis Mendoza López

Palacio de Bellas Artes, México City
Recorded live on June 20, 1950

Note: The words in red indicate portions that were omitted in this performance.

ATTO I

IL DUELLO

SCENA PRIMA
(Atrio nel palazzo dell’Aliaferia. Da un lato, porta che mette agli appartamenti del Conte di Luna Ferrando e molti Familiari del Conte giacciono presso la porta; alcuni Uomini d’arme passeggiano in fondo)

FERRANDO
(ai Familiari vicini ad assopirsi)
All’erta, all’erta!
Il Conte n’è d’uopo
attender vigilando;
ed egli talor,
presso i veroni della sua cara,
intere passa le notti.

FAMILIARI
Gelosia le fiere serpi
gli avventa in petto!

FERRANDO
Nel trovator, che dai giardini
move notturno il canto,
d’un rivale a dritto ei teme.

FAMILIARI
Dalle gravi palpebre
il sonno a discacciar,
la vera storia ci narra di Garzia,
germano al nostro Conte.

FERRANDO
La dirò: venite intorno a me.

(I Familiari eseguiscono)

ARMIGERI
Noi pure…

FAMILIARI
Udite, udite.

(Tutti accerchiano Ferrando)

FERRANDO
Di due figli vivea padre beato
il buon Conte di Luna:
fida nutrice del secondo nato
dormia presso la cuna.
Sul romper dell’aurora
un bel mattino
ella dischiude i rai;
e chi trova d’accanto
a quel bambino?

CORO
Chi?… Favella… Chi mai?

FERRANDO
Abbietta zingara, fosca vegliarda!
Cingeva i simboli
di una maliarda!
E sul fanciullo, con viso arcigno,
l’occhio affiggeva torvo, sanguigno!
D’orror compresa è la nutrice…
Acuto un grido all’aura scioglie;
ed ecco, in meno
che il labbro il dice,
i servi accorrono in quelle soglie;
e fra minacce,
urli e percosse
la rea discacciano ch’entrarvi osò.

CORO
Giusto quei petti
sdegno commosse;
l’insana vecchia lo provocò.

FERRANDO
Asserì che tirar del fanciullino
l’oroscopo volea… Bugiarda!
Lenta febbre del meschino
la salute struggea!
Coverto di pallor,
languido, affranto
ei tremava la sera.
Il dì traeva
in lamentevol pianto…
Ammaliato egli era!

(Il coro inorridisce)

La fattucchiera perseguitata
fu presa,
e al rogo fu condannata;
ma rimaneva la maledetta
figlia, ministra di ria vendetta!
Compi quest’empia
nefando eccesso!…
Sparve il fanciullo
e si rinvenne
mal spenta brace nel sito istesso
ov’arsa un giorno
la strega venne!
E d’un bambino… ahimè!
L’ossame bruciato a mezzo,
fumante ancor!

CORO
Ah scellerata!… oh donna infame!
Del par m’investe odio ed orror!

ALCUNI
E il padre?

FERRANDO
Brevi e tristi giorni visse:
pure ignoto del cor presentimento
gli diceva che spento
non era il figlio;
ed, a morir vicino,
bramò che il signor nostro
a lui giurasse
di non cessar le indagini…
ah! fur vane!…

ARMIGERI
E di colei non s’ebbe
contezza mai?

FERRANDO
Nulla contezza…
Oh, dato mi fosse
rintracciarla un dì!…

FAMILIARI
Ma ravvisarla potresti?

FERRANDO
Calcolando
gli anni trascorsi…
Lo potrei.

ARMIGERI
Sarebbe tempo presso la madre
all’inferno spedirla.

FERRANDO
All’inferno?
È credenza che dimori
ancor nel mondo l’anima perduta
dell’empia strega,
e quando il cielo è nero
in varie forme altrui si mostri.

CORO
(con terrore)
E vero!

ALCUNI
Su l’orlo dei tetti
alcun l’ha veduta!

ALTRI
In upupa o strige
talora si muta!

ALTRI
In corvo tal’altra;
più spesso in civetta!
Sull’alba fuggente al par di saetta.

FERRANDO
Morì di paura un servo del conte,
che avea della zingara
percossa la fronte!

(Tutti si pingono di superstizioso terrore)

Apparve a costui d’un gufo
in sembianza
Nell’alta quiete
di tacita stanza!…
Con l’occhio lucente
guardava il cielo
attristando d’un urlo feral!
Allor mezzanotte appunto suonava…

(Una campana suona a distesa mezzanotte)

TUTTI
Ah! sia maledetta
la strega infernal!

(Con subito soprassalto. Odonsi alcuni tocchi di tamburo. Gli uomini d’arme accorrono in fondo; i Familiari corrono verso la porta)

SCENA SECONDA

(Giardini del palazzo. Sulla destra marmorea scalinata che mette agli appartamenti. La notte è inoltrata; dense nubi coprono la luna.)

INES
Che più t’arresti?…
L’ora è tarda: vieni.
Di te la regal donna chiese,
l’udisti.

LEONORA
Un’altra notte ancora
senza vederlo…

INES
Perigliosa fiamma tu nutri!…
Oh come, dove la primiera favilla
in te s’apprese?

LEONORA
Ne’ tornei. V’apparve
Bruno le vesti ed il cimier,
lo scudo
bruno e di stemma ignudo,
sconosciuto guerrier,
che dell’agone gli onori ottenne…
Al vincitor sul crine
il serto io posi…
Civil guerra intanto arse…
Nol vidi più!
Come d’aurato sogno
fuggente imago!
ed era volta lunga stagion…
ma poi…

INES
Che avvenne?

LEONORA
Ascolta.
Tacea la notte placida
e bella in ciel sereno
la luna il viso argenteo
mostrava lieto e pieno…
Quando suonar per l’aere,
infino allor sì muto,
dolci s’udiro e flebili
gli accordi d’un liuto,
e versi melanconici
un trovator cantò.
Versi di prece ed umile
qual d’uom che prega Iddio,
in quella ripeteasi
un nome… il nome mio!…
Corsi al veron sollecita…
Egli era! egli era desso!…
Gioia provai che agli angeli
solo è provar concesso!…
Al core, al guardo estatico
la terra un ciel sembrò.

INES
Quanto narrasti di turbamento
m’ha piena l’alma!…
Io temo…

LEONORA
Invano!

INES
Dubbio, ma triste presentimento
in me risveglia quest’uomo arcano!
Tenta obliarlo…

LEONORA
Che dici!… oh basti!…

INES
Cedi al consiglio dell’amistà…
Cedi…

LEONORA
Obliarlo! Ah,
tu parlasti detto,
che intendere l’alma non sa.
Di tale amor che dirsi
mal può dalla parola,
d’amor che intendo io sola,
il cor s’inebriò!
Il mio destino compiersi
non può che a lui dappresso…
S’io non vivrò per esso,
per esso io morirò!

INES
Non debba mai pentirsi
Chi tanto un giorno amò!

(Ascendono agli appartamenti. Il conte di Luna entra in le giardino)

CONTE
Tace la notte!
Immersa nel sonno, è certo,
la regal signora;
ma veglia la sua dama…
Oh! Leonora,
tu desta sei;
mel dice, da quel verone,
tremolante un raggio
della notturna lampa…
Ah! l’amorosa fiamma
m’arde ogni fibra!…
Ch’io ti vegga è d’uopo,
che tu m’intenda…
Vengo… A noi supremo
è tal momento…

(Cieco d’amore avviasi verso la gradinata. Odonsi gli accordi d’un liuto: egli s’arresta)

Il Trovator! Io fremo!

LA VOCE DE MANRICO
Deserto sulla terra,
col rio destino in guerra
e sola spese un cor
al trovator!
Ma s’ei quel cor possiede,
bello di casta fede,
e d’ogni re maggior
il trovator!

CONTE
Oh detti!… Oh gelosia!…
Non m’inganno…
Ella scende!

(S’avvolge nel suo mantello)

LEONORA
(correndo verso il Conte)
Anima mia!

CONTE
(fra sè)
Che far?

LEONORA
Più dell’usato
è tarda l’ora;
io ne contai gl’istanti
co’ palpiti del core!…
Alfin ti guida pietoso amor
tra queste braccia…

MANRICO
Infida!…

(La luna mostrasi dai nugoli, e lascia scorgere una persona, di cui la visiera nasconde il volto)

LEONORA
Qual voce!…
Ah, dalle tenebre
tratta in errore io fui!

(riconoscendo entrambi, e gettandosi ai piedi di Manrico, agitatissima)

A te credei rivolgere
l’accento e non a lui…
A te, che l’alma mia
sol chiede, sol desia…
Io t’amo, il giuro, io t’amo
d’immenso, eterno amor!

CONTE
Ed osi?

MANRICO
(sollevando Leonora)
Ah, più non bramo!

CONTE
Avvampo di furor!
Se un vil non sei discovriti.

LEONORA
Ohimè!

CONTE
Palesa il nome…

LEONORA
Deh, per pietà!…

MANRICO
(sollevando la visiera dell’elmo)
Ravvisami, Manrico io son.

CONTE
Tu!… Come!
Insano temerario!
d’Urgel seguace,
a morte proscritto,
ardisci volgerti
a queste regie porte?

MANRICO
Che tardi?…
Or via, le guardie appella,
ed il rivale
al ferro del carnefice consegna.

CONTE
Il tuo fatale istante
assai più prossimo è,
dissennato! Vieni…

LEONORA
Conte!

CONTE
Al mio sdegno vittima
è d’uopo ch’io ti sveni…

LEONORA
Oh ciel! t’arresta…

CONTE
Seguimi…

MANRICO
Andiam…

LEONORA
Che mai farò?
Un sol mio grido perdere lo puote…
M’odi…

CONTE
No!
Di geloso amor sprezzato
Arde in me tremendo il foco!
Il tuo sangue, o sciagurato,
Ad estinguerlo fia poco!

(a Leonora)

Dirgli, o folle, “Io t’amo”
ardisti!…
Ei più vivere non può…
Un accento proferisti
che a morir lo condannò!

LEONORA
Un istante almen dia loco
il tuo sdegno alla ragione…
Io, sol io, di tanto foco
son, pur troppo, la cagione!
Piombi, ah! piombi il tuo furore
sulla rea che t’oltraggiò…
Vibra il ferro in questo core,
che te amar non vuol, né può.

MANRICO
Del superbo vana è l’ira!
Ei cadrà da me trafitto.
Il mortal che amor t’ispira,
dall’amor fu reso invitto.

(al Conte)

La tua sorte è già compita…
L’ora ormai per te suonò!
Il suo core e la tua vita
il destino a me serbò!

(I due rivali si allontanano con le spade sguainate; Leonora cade, priva di sentimenti)

ATTO II

LA ZINGARA

SCENA PRIMA

(Un diruto abituro sulle falde di un monte della Biscaglia. Nel fondo, quasi tutto aperto, arde un gran fuoco. I primi albori. Azucena siede presso il fuoco. Manrico le sta disteso accanto sopra una coltrice ed avviluppato nel suo mantello; ha l’elmo ai piedi e fra le mani la spada, su cui figge immobilmente lo sguardo. Una banda di Zingari è sparsa all’interno)

ZINGARI
Vedi!
Le fosche notturne spoglie
de’ cieli sveste
l’immensa volta;
sembra una vedova
che alfin si toglie
i bruni panni
ond’era involta.
All’opra! all’opra!
Dagli, martella.

(Danno di piglio ai loro ferri del mestiere; al misurato tempestare dei martelli cadenti sulle incudini, or uomini, or donne, e tutti in un tempo infine intonano la cantilena seguente:)

Chi del gitano
i giorni abbella?
La zingarella!

UOMINI
(alle donne)
Versami un tratto; lena e coraggio
il corpo e l’anima traggon dal bere.

(Le donne mescono ad essi in coppe)

TUTTI
Oh guarda, guarda!
Del sole un raggio brilla più vivido
nel mio/tuo bicchiere!
All’opra, all’opra…
Dagli, martella…
Chi del gitano i giorni abbella?
La zingarella!

AZUCENA
Stride la vampa!
La folla indomita corre a quel
fuoco lieta in sembianza;
urli di gioia intorno echeggiano:
Cinta di sgherri
donna s’avanza!
Sinistra splende
sui volti orribili
la tetra fiamma
che s’alza al ciel!
Stride la vampa!
Giunge la vittima
nero vestita,
discinta e scalza!
Grido feroce di morte levasi;
l’eco il ripete
di balza in balza!
Sinistra splende
sui volti orribili
la tetra fiamma
che s’alza al ciel!

ZINGARI
Mesta è la tua canzon!

AZUCENA
Del pari mesta che la storia funesta
da cui tragge argomento!

(Rivolge il capo dalla parte di Manrico e mormora ommessamente:)

Mi vendica… Mi vendica!

MANRICO
(fra sè)
L’arcana parola ognor!

VECCHIO ZINGARO
Compagni, avanza il giorno
a procacciarci un pan, su, su!…
scendiamo per le propinque ville.

UOMINI
Andiamo.

(Ripongono sollecitamente nel sacco i loro arnesi)

DONNE
Andiamo.

(Tutti scendono alla rinfusa giù per la china; tratto tratto e sempre a distanza odesi il loro canto)

ZINGARI
Chi del gitano
i giorni abbella?
La zingarella!

MANRICO
Soli or siamo; deh, narra
questa storia funesta.

AZUCENA
E tu la ignori,
Tu pur!… Ma, giovinetto,
i passi tuoi
d’ambizion lo sprone lungi traea!…
Dell’ava il fine acerbo
e quest’istoria…
La incolpò superbo
conte di malefizio,
onde asseria colto un bambin
suo figlio…
Essa bruciata venne ov’arde
quel foco!

MANRICO
(rifuggendo con raccapriccio dalla fiamma)
Ahi! Sciagurata!

AZUCENA
Condotta ell’era in ceppi al suo
destin tremendo!
Col figlio sulle braccia,
io la seguia piangendo.
Infino ad essa un varco tentai,
ma invano aprirmi…
Invan tentò la misera
fermarsi e benedirmi!
Ché, fra bestemmie oscene,
pungendola coi ferri,
al rogo la cacciavano
gli scellerati sgherri!
Allor, con tronco accento:
Mi vendica! esclamò.
Quel detto un’eco eterna
in questo cor lasciò.

MANRICO
La vendicasti?

AZUCENA
Il figlio giunsi a rapir del Conte:
Lo trascinai qui meco…
Le fiamme ardean già pronte.

MANRICO
Le fiamme!… oh ciel!…
Tu forse?…

AZUCENA
Ei distruggeasi in pianto…
Io mi sentiva il core dilaniato,
infranto!…
Quand’ecco agli egri spirti,
come in un sogno, apparve
la vision ferale
di spaventose larve!
Gli sgherri ed il supplizio!…
La madre smorta in volto…
Scalza, discinta!… il grido,
il noto grido ascolto…
Mi vendica!…
La mano convulsa tendo… stringo
la vittima… nel foco la traggo,
la sospingo…
Cessa il fatal delirio…
L’orrida scena fugge…
La fiamma sol divampa,
e la sua preda strugge!
Pur volgo intorno il guardo
e innanzi a me vegg’io
dell’empio Conte il figlio…

MANRICO
Ah! come?

AZUCENA
Il figlio mio,
Mio figlio avea bruciato!

MANRICO
Che dici! quale orror!

AZUCENA
Sul capo mio le chiome
sento rizzarsi ancor!

(Azucena ricade, Manrico ammutolisce colpito d’orrore e di sorpresa. Momenti di silenzio)

MANRICO
Non son tuo figlio?
E chi son io, chi dunque?

AZUCENA
Tu sei mio figlio!

MANRICO
Eppur dicesti…

AZUCENA
Ah!… forse…
Che vuoi! quando al pensier
s’affaccia il truce caso,
lo spirto intenebrato pone
stolte parole sul mio labbro…
Madre, tenera madre
non m’avesti ognora?

MANRICO
Potrei negarlo?

AZUCENA
A me, se vivi ancora, nol dei?
Notturna,
nei pugnati campi di Velilla,
ove spento fama ti disse,
a darti sepoltura non mossi?
La fuggente aura vital
non iscovrì,
nel seno non t’arrestò
materno affetto?…
E quante cure non spesi
a risanar le tante ferite! …

MANRICO
Che portai nel dì fatale…
Ma tutte qui, nel petto!…
Io sol, fra mille già sbandati,
al nemico volgendo
ancor la faccia!…
Il rio De Luna su me piombò
col suo drappello; io caddi,
però da forte io caddi!

AZUCENA
Ecco mercede ai giorni,
che l’infame nel singolar certame
ebbe salvi da te!…
Qual t’acciecava
strana pietà per esso?

MANRICO
Oh madre!…
Non saprei dirlo a me stesso!
Mal reggendo all’aspro assalto,
ei già tocco il suolo avea:
Balenava il colpo in alto
che trafiggerlo dovea…
Quando arresta un moto arcano,
nel discender, questa mano…
Le mie fibre acuto gelo
fa repente abbrividir!
Mentre un grido vien dal cielo,
che mi dice:
Non ferir!

AZUCENA
Ma nell’alma dell’ingrato
non parlò del cielo un detto!
Oh! se ancor ti spinge il fato
a pugnar col maledetto,
compi, o figlio,
qual d’un Dio,
compi allora il cenno mio!
Sino all’elsa questa lama
vibra, immergi all’empio in cor.

MANRICO
Sì, lo giuro,
questa lama scenderà
dell’empio in cor.

(Odesi un prolungato suono di corno)

L’usato messo Ruiz invia!
Forse…

AZUCENA
Mi vendica!

(Resta concentrata)

MANRICO
(al Messo)
Inoltra il piè.
Guerresco evento, dimmi, seguìa?

MESSO
Risponda il foglio
che reco a te.

MANRICO
“In nostra possa è Castellor;
ne dei tu, per cenno del prence,
vigilar le difese.
Ove ti è dato,
affrettati a venir…
Giunta la sera,
tratta in inganno
di tua morte al grido,
nel vicin Chiostro della croce
il velo cingerà Leonora”.

(con dolorosa esclamazione)

Oh giusto cielo!

AZUCENA
(fra sè)
Che fia!

MANRICO
(al Messo)
Veloce scendi la balza,
e d’un cavallo a me provvedi…

MESSO
Corro…

AZUCENA
Manrico!

MANRICO
Il tempo incalza…
Vola, m’aspetta del colle a’ piedi.

(Il Messo parte frettolosamente)

AZUCENA
E speri, e vuoi?…

MANRICO
(fra sè)
Perderla?… Oh ambascia!…
Perder quell’angelo?…

AZUCENA
(fra sè)
È fuor di sé!

MANRICO
(postosi l’elmo ed il mantello)
Addio…

AZUCENA
No… ferma… odi…

MANRICO
Mi lascia…

AZUCENA
Ferma… Son io che parlo a te!
Perigliarti ancor languente
per cammin selvaggio ed ermo!
Le ferite vuoi, demente,
riaprir del petto infermo?
No, soffrirlo non poss’io…
Il tuo sangue è sangue mio!…
Ogni stilla che ne versi
tu la spremi dal mio cor!

MANRICO
Un momento può involarmi
il mio ben, la mia speranza!…
No, che basti ad arrestarmi
terra e ciel non han possanza…
Ah!… mi sgombra, o madre,
i passi…
Guai per te s’io qui restassi! …
Tu vedresti ai piedi tuoi
spento il figlio dal dolor!

(S’allontana, indarno trattenuto da Azucena)

SCENA SECONDA

(Atrio interno di un luogo di ritiro in vicinanza di Castellor. Alberi nel fondo. È notte. Il Conte, Ferrando ed alcuni Seguaci inoltrandosi cautamente avviluppati nei loro mantelli)

CONTE
Tutto è deserto,
né per l’aura ancora
suona l’usato carme…
In tempo io giungo!

FERRANDO
Ardita opra, o Signore,
imprendi.

CONTE
Ardita, e qual furente amore
ed irritato orgoglio chiesero a me.
Spento il rival, caduto
ogni ostacol sembrava
a’ miei desiri;
novello e più possente
ella ne appresta…
L’altare!
Ah no, non fia d’altri Leonora!…
Leonora è mia!
Il balen del suo sorriso
d’una stella vince il raggio!
Il fulgor del suo bel viso
novo infonde in me coraggio!…
Ah! l’amor, l’amore ond’ardo
le favelli in mio favor!
Sperda il sole d’un suo sguardo
la tempesta del mio cor.

(Odesi il rintocco de’ sacri bronzi)

Qual suono!… oh ciel…

FERRANDO
La squilla
vicino il rito annunzia!

CONTE
Ah! pria che giunga
all’altar… si rapisca!…

FERRANDO
Ah bada!

CONTE
Taci!…
Non odo… andate…
di quei faggi
all’ombra Celatevi…

(Ferrando e seguaci si allontanano)

Ah! fra poco mia diverrà…
Tutto m’investe un foco!

(Ansioso, guardingo osserva dalla parte donde deve giungere Leonora, mentre Ferrando e i Seguaci dicono sottovoce:)

FERRANDO, SEGUACI
Ardire!… Andiam… celiamoci
fra l’ombre… nel mister!
Ardire!… Andiam!… silenzio!
Si compia il suo voler.

CONTE
Per me, ora fatale,
i tuoi momenti affretta:
La gioia che m’aspetta
gioia mortal non è!…
Invano un Dio rivale
s’oppone all’amor mio:
Non può nemmeno un Dio,
donna, rapirti a me!

(S’allontana a poco a poco e si nasconde col Coro fra gli alberi)

CORO RELIGIOSE
Ah!… se l’error t’ingombra,
o figlia d’Eva, i rai,
presso a morir, vedrai
che un’ombra, un sogno fu,
anzi del sogno un’ombra
la speme di quaggiù!
Vieni e t’asconda il velo
ad ogni sguardo umano!
Aura o pensier mondano
qui vivo più non è.
Al ciel ti volgi e il cielo
si schiuderà per te.

(Leonora con Ines e seguito muliebre)

LEONORA
Perchè piangete?

DONNE
Ah!… dunque tu per sempre
ne lasci!

LEONORA
O dolci amiche,
un riso, una speranza,
un fior la terra non ha per me!
Degg’io volgermi a Quei che
degli afflitti è solo
sostegno e dopo
i penitenti giorni
può fra gli eletti
al mio perduto bene
ricongiungermi un dì!…
Tergete i rai
e guidatemi all’ara!:

CONTE
No, giammai!…

DONNE
Il Conte!

LEONORA
Giusto ciel!

CONTE
Per te non avvi
che l’ara d’imeneo.

DONNE
Cotanto ardia!…

LEONORA
Insano!… E qui venisti?…

CONTE
A farti mia.

(E sì dicendo scagliasi verso Leonora, onde impadronirsi di lei, ma fra esso e la preda trovasi, qual fantasma sorto di sotterra, Manrico. Un grido universale irrompe)

LEONORA
E deggio… e posso crederlo?
Ti veggo a me d’accanto!
È questo un sogno, un’estasi,
un sovrumano incanto!
Non regge a tanto giubilo
rapito, il cor sospeso!
Sei tu dal ciel disceso,
o in ciel son io cor te?

CONTE
Dunque gli estinti lasciano
di morte il regno eterno;
a danno mio rinunzia
le prede sue l’inferno!
Ma se non mai si fransero
de’ giorni tuoi gli stami,
se vivi e viver brami,
fuggi da lei, da me.

MANRICO
Né m’ebbe il ciel,
né l’orrido
varco infernal sentiero…
Infami sgherri vibrano
mortali colpi, è vero!
Potenza irresistibile
hanno de’ fiumi l’onde!
Ma gli empi un Dio confonde!
Quel Dio soccorse a me.

DONNE
(a Leonora)
Il cielo in cui fidasti
pietade avea di te.

FERRANDO, SEGUACI
(al Conte)
Tu col destin contrasti:
Suo difensore egli è.

(Ruiz seguito da una lunga tratta di Armati, e detti)

RUIZ
Urgel viva!

MANRICO
Miei prodi guerrieri!

RUIZ
Vieni…

MANRICO
(a Leonora)
Donna, mi segui.

CONTE
E tu speri?

LEONORA
Ah!

MANRICO
(al Conte)
T’arresta…

CONTE
(sguainando la spada)
Involarmi costei! No!

RUIZ, ARMATI
(accerchiando il Conte)
Vaneggi!

FERRANDO, SEGUACI
Che tenti, Signor?

(Il Conte è disarmato da quei di Ruiz)

CONTE
Di ragione ogni lume perdei!

LEONORA
(fra sè)
M’atterrisce…

CONTE
Ho le furie nel cor!

RUIZ, ARMATI
(a Manrico)
Vien:
la sorte sorride per te.

FERRANDO, SEGUACI
(al Conte)
Cedi;
or ceder viltade non è.

(Manrico tragge seco Leonora, il Conte è respinto; le donne rifuggono al cenobio)

ATTO III

IL FIGLIO DELLA ZINGARA

SCENA PRIMA

(Accampamento. A destra il padiglione del Conte di Luna, su cui sventola la bandiera in segno di supremo comando; da lungi torreggia Castellor. Scolte di uomini d’arme dappertutto; alcuni giuocano, altri puliscono le armi, altri passeggiano, poi Ferrando dal padiglione del Conte)

ALCUNI ARMIGERI
Or co’ dadi,
ma fra poco
giuocherem ben altro gioco.

ALTRI
Quest’acciar, dal sangue or terso,
Fia di sangue in breve asperso!

(Odonsi strumenti guerrieri)

ALCUNI
Il soccorso dimandato!

ALTRI
Han l’aspetto del valor!

(Un grosso drappello di balestieri, in completa armatura, travesa il campo)

TUTTI
Più l’assalto ritardato
or non fia di Castellor.

FERRANDO
Sì, prodi amici;
al dì novello è mente
del capitan la rocca
investir d’ogni parte.
Colà pingue bottino
certezza è rinvenir
più che speranza.
Si vinca; è nostro.

TUTTI
Tu c’inviti a danza!
Squilli, echeggi
la tromba guerriera,
chiami all’armi,
alla pugna,
all’assalto;
fia domani la nostra bandiera
di quei merli piantata sull’alto.
No, giammai non sorrise vittoria
di più liete speranze finor!…
Ivi l’util ci aspetta e la gloria,
ivi opimi la preda e l’onor.

(il conte uscito dalla tenda volge uno sguardo bieco a Castellor)

CONTE
In braccio al mio rival!
Questo pensiero
come persecutor
demone ovunque m’insegue!…
In braccio al mio rival!…
Ma corro,
surta appena l’aurora,
io corro e separarvi… Oh Leonora!

(Odesi tumulto)

Che fu?

FERRANDO
Dappresso il campo
s’aggirava una zingara:
sorpresa da’ nostri esploratori,
si volse in fuga; essi,
a ragion temendo.
Una spia nella trista,
l’inseguir…

CONTE
Fu raggiunta?

FERRANDO
È presa.

CONTE
Vista l’hai tu?

FERRANDO
No; della scorta
il condottier m’apprese l’evento.

CONTE
Eccola.

(Tumulto più vicino. Detti, Azucena, con le mani avvinte, trascinata dagli esploratori, un codazzo d’altri soldati)

ESPLORATORI
Innanzi, o strega, innanzi…

AZUCENA
Aita!… Mi lasciate… O furibondi
Che mal fec’io?

CONTE
S’appressi.

(Azucena è tratta innanzi al Conte)

A me rispondi
e trema dal mentir!

AZUCENA
Chiedi!

CONTE
Ove vai?

AZUCENA
Nol so.

CONTE
Che?

AZUCENA
D’una zingara è costume
muover senza disegno
il passo vagabondo,
ed è suo tetto il ciel,
sua patria il mondo.

CONTE
E vieni?

AZUCENA
Da Biscaglia, ove finora
le sterili montagne
ebbi a ricetto!

CONTE
Da Biscaglia!

FERRANDO
(fra sè)
Che intesi!… O qual sospetto!

AZUCENA
Giorni poveri vivea,
pur contenta del mio stato;
sola speme un figlio avea…
Mi lasciò!…
m’oblia, l’ingrato!
Io deserta, vado errando
di quel figlio ricercando,
di quel figlio che al mio core
pene orribili costò!…
Qual per esso provo amore
madre in terra non provò!

FERRANDO
(fra sè)
Il Suo volto!

CONTE
Di’, traesti lunga etade
tra quei monti?

AZUCENA
Lunga, sì.

CONTE
Rammenteresti un fanciul,
prole di conti,
involato al suo castello,
son tre lustri,
e tratto quivi?

AZUCENA
E tu, parla… sei?…

CONTE
Fratello del rapito.

AZUCENA
Ah!

FERRANDO
(notando il mal nascosto terrore di Azucena)
Sì!

CONTE
Ne udivi mai novella?

AZUCENA
Io?… No… Concedi
Che del figlio
l’orme io scopra.

FERRANDO
Resta, iniqua…

AZUCENA
Ohimè!…

FERRANDO
(Ai conde)
Tu vedi chi l’infame,
orribil opra commettea…

CONTE
Finisci.

FERRANDO
È dessa.

AZUCENA
Taci

FERRANDO
È dessa che il bambino Arse!

CONTE
Ah! perfida!

CORO
Ella stessa!

AZUCENA
Ei mentisce…

CONTE
Al tuo destino or non fuggi.

AZUCENA
Deh!…

CONTE
Quei nodi più stringete.

(I soldati eseguiscono)

AZUCENA
Oh! Dio!… Oh Dio!…

CORO
Urla pure.

AZUCENA
E tu non m’odi,
o Manrico, o figlio mio?…
Non soccorri all’infelice madre tua?

CONTE
Sarebbe ver?
Di Manrico genitrice?

FERRANDO
Trema!…

CONTE
Oh sorte!…
in mio poter!

AZUCENA
Deh, rallentate, o barbari,
le acerbe mie ritorte…
Questo crudel supplizio
è prolungata morte…
D’iniquo genitore
empio figliuol peggiore, trema…
V’è Dio pei miseri,
e Dio ti punirà!

CONTE
Tua prole, o turpe zingara,
colui, quel traditore?…
Potrò col tuo supplizio
ferirlo in mezzo al core!
Gioia m’inonda il petto,
cui non esprime il detto!…
Meco il fraterno cenere
piena vendetta avrà!

FERRANDO, CORO
Infame pira sorgere,
ah, sì, vedrai tra poco…
Né solo tuo supplizio
sarà terreno foco!…
Le vampe dell’inferno
a te fina rogo eterno;
ivi penare ed ardere
l’anima tua dovrà!

(Al cenno del Conte i soldati traggon seco Azucena. Egli entra nella sua tenda, seguito da errando)

SCENA SECONDA

(Sala adiacente alla Cappella in Castellor, con il verone nel fondo)

LEONORA
Quale d’armi fragor
poc’anzi intesi?

MANRICO
Alto è il periglio!
Vano dissimularlo fora!
Alla novella aurora
assaliti saremo!…

LEONORA
Ahimè!… che dici!…

MANRICO
Ma de’ nostri nemici
avrem vittoria…
Pari abbiam al loro ardir,
brando e coraggio!…

(a Ruiz)

Tu va’; le belliche opre,
nell’assenza mia breve,
a te commetto.
Che nulla manchi!…

(Ruiz parte)

LEONORA
Di qual tetra luce
il nostro imen risplende!

MANRICO
Il presagio funesto,
deh, sperdi, o cara!…

LEONORA
E il posso?

MANRICO
Amor… sublime amore,
in tale istante
ti favelli al core.
Ah! sì, ben mio, coll’essere
io tuo, tu mia consorte,
avrò più l’alma intrepida,
il braccio avrò più forte;
ma pur se nella pagina
de’ miei destini è scritto
ch’io resti fra le vittime
dal ferro ostil trafitto,
fra quegli estremi aneliti
a te il pensier verrà
e solo in ciel precederti
la morte a me parrà!

(Odesi il suono dell’organo della vicina cappella)

LEONORA, MANRICO
L’onda de’ suoni mistici
pura discende al cor!
Vieni; ci schiude il tempio
gioie di casto amor.

(Ruiz sopraggiunge frettoloso)

RUIZ
Manrico?

MANRICO
Che?

RUIZ
La zingara,
vieni, tra ceppi mira…

MANRICO
Oh Dio!

RUIZ
Per man de’ barbari
accesa è già la pira…

MANRICO
(accostandosi al verone)
Oh ciel! mie membra oscillano…
Nube mi copre il ciglio!

LEONORA
Tu fremi!

MANRICO
E il deggio!… Sappilo. Io son…

LEONORA
Chi mai?

MANRICO
Suo figlio!…
Ah! vili!… il rio spettacolo
Quasi il respir m’invola…
Raduna i nostri, affrettati…
Ruiz… va…
torna… vola…

(Ruiz parte)

Di quella pira l’orrendo foco
tutte le fibre m’arse. avvampò!…
Empi, spegnetela, o ch’io fra poco
col sangue vostro la spegnerò…
Era già figlio prima d’amarti,
non può frenarmi il tuo martir.
Madre infelice, corro a salvarti,
o teco almeno corro a morir!

LEONORA
Non reggo a colpi tanto funesti…
Oh, quanto meglio saria morir!

(Ruiz torna con Armati)

RUIZ, ARMATI
All’armi, all’armi!
Eccone presti a pugnar teco,
teco a morir.

(Manrico parte frettoloso seguito da Ruiz e dagli Armati)

ATTO IV

IL SUPPLIZIO

SCENA PRIMA

(Un’ala del palazzo dell’Aliaferia. All’angolo una torre con finestre assicurate da spranghe di ferro. Notte oscurissima. Si avanzano due persone ammantellate: sono Ruiz e Leonora)

RUIZ
Siam giunti;
ecco la torre,
ove di Stato gemono i prigionieri…
ah, l’infelice ivi fu tratto!

LEONORA
Vanne, lasciami,
né timor di me ti prenda…
Salvarlo io potrò forse.

(Ruiz si allontana)

Timor di me?… sicura,
presta è la mia difesa.

(I suoi occhi figgonsi ad una gemma che le fregia la mano destra.)

In quest’oscura notte ravvolta,
presso a te son io,
e tu nol sai…
Gemente aura che intorno spiri,
deh, pietosa gli arreca
i miei sospiri…
D’amor sull’ali rosee
vanne, sospir dolente:
Del prigioniero misero
conforta l’egra mente…
Com’aura di speranza
aleggia in quella stanza:
Lo desta alle memorie,
ai sogni dell’amor!
Ma deh! non dirgli, improvvido,
le pene del mio cor!

(Suona la campana dei morti)

VOCI INTERNE
Miserere d’un’alma già vicina
alla partenza che non ha ritorno!
Miserere di lei, bontà divina,
preda non sia
dell’infernal soggiorno!

LEONORA
Quel suon,
quelle preci solenni,
funeste, empiron quest’aere
di cupo terror!…
Contende l’ambascia,
che tutta m’investe,
al labbro il respiro,
i palpiti al cor!

(Rimane assorta; dopo qualche momento scuotesi, ed è in procinto di partire, allorché viene dalla torre un gemito)

MANRICO
(dalla torre)
Ah, che la morte ognora
è tarda nel venir
a chi desia morir!…
Addio, Leonora!

LEONORA
Oh ciel!… sento mancarmi!

VOCI INTERNE
Miserere d’un’alma già vicina
alla partenza che non ha ritorno!
Miserere di lei, bontà divina
preda non sia
dell’infernal soggiorno!

LEONORA
Sull’orrida torre, ah!
Par che la morte con ali di tenebre
librando si va!
Ahi! forse dischiuse gli fian queste
porte sol quando cadaver
già freddo sarà!

MANRICO
(dalla torre)
Sconto col sangue mio
l’amor che posi in te!…
Non ti scordar di me!
Leonora, addio!

LEONORA
Di te, di te scordarmi!!…
Tu vedrai che amore in terra
mai del mio non fu più forte;
vinse il fato in aspra guerra,
vincerà la stessa morte.
O col prezzo di mia vita
la tua vita io salverò,
o con te per sempre unita
nella tomba io scenderò.

(S’apre una porta; n’escono il Conte ed alcuni Seguaci. Leonora si pone in disparte)

CONTE
Udite? Come albeggi,
la scure al figlio
ed alla madre il rogo.

(I Seguaci entrano nella torre)

Abuso io forse del poter che pieno
In me trasmise il prence!
A tal mi traggi,
Donna per me funesta!…
Ov’ella è mai?
Ripreso Castellor,
di lei contezza
non ebbi, e furo indarne
tante ricerche e tante!
Ah! dove sei, crudele?

LEONORA
(avanzandosi)
A te dinante.

CONTE
Qual voce!… come!… tu, donna?

LEONORA
Il vedi.

CONTE
A che venisti?

LEONORA
Egli è già presso all’ora estrema;
e tu lo chiedi?

CONTE
Osar potresti?…

LEONORA
Ah sì, per esso pietà domando…

CONTE
Che! tu deliri!
Io del rival sentir pietà?

LEONORA
Clemente Nume a te l’ispiri…

CONTE
È sol vendetta mio Nume… Va.

LEONORA
(Si getta a’ suoi piedi)
Mira, di acerbe lagrime
spargo al tuo piede un rio:
Non basta il pianto? svenami,
ti bevi il sangue mio…
Calpesta io mio cadavere,
ma salva il Trovator!

CONTE
Ah! dell’indegno rendere
vorrei peggior la sorte:
fra mille atroci spasimi
centuplicar sua morte;
più l’ami, e più terribile
divampa il mio furor!

(Vuol partire, Leonora si avviticchia ad esso)

LEONORA
Conte…

CONTE
Né cessi?

LEONORA
Grazia!…

CONTE
Prezzo non avvi alcuno
ad ottenerla… scostati…

LEONORA
Uno ve n’ha… sol uno!…
Ed io te l’offro.

CONTE
Spiegati, Qual prezzo, di’.

LEONORA
Me stessa!

CONTE
Ciel!… tu dicesti?…

LEONORA
E compiere saprò la mia promessa.

CONTE
È sogno il mio?

LEONORA
Dischiudimi la via fra quelle mura…
Ch’ei m’oda… Che la vittima
fugga, e son tua.

CONTE
Lo giura.

LEONORA
Lo giuro a Dio che l’anima
tutta mi vede!

CONTE
Olà!

(Si presenta un custode; mentre il Conte gli parla all’orecchio, Leonora sugge il veleno chiuso nell’anello)

LEONORA
M’avrai,
ma fredda esanime spoglia

CONTE
(a Leonora)
Colui vivrà.

LEONORA
Vivrà!… contende il giubilo
i detti a me, Signore…
Ma coi frequenti palpiti
merce’ ti rende il core!
Ora il mio fine impavida,
piena di gioia attendo…
Potrò dirgli morendo:
Salvo tu sei per me!

CONTE
Fra te che parli?… volgimi,
volgimi il detto ancora,
o mi parrà delirio
quanto ascoltai finora…
Tu mia!…
Tu mia!… ripetilo.
Il dubbio cor serena…
Ah!… ch’io lo credo appena
udendolo da te!

LEONORA
Andiam…

CONTE
Giurasti… pensaci!

LEONORA
È sacra la mia fe’!

(Entrano nella torre)

SCENA SECONDA

(Orrido carcere. In un canto finestra con inferriata. Porta nel  fondo. Smorto fanale pendente dalla volta. Azucena giacente sopra una specie di rozza coltre, Manrico seduto a lei dappresso)

MANRICO
Madre?… non dormi?

AZUCENA
L’invocai più volte,
ma fugge il sonno a queste luci…
Prego…

MANRICO
L’aura fredda è molesta
alle tue membra forse?

AZUCENA
No; da questa tomba di vivi
sol fuggir vorrei,
perché sento il respiro soffocarmi!

MANRICO
Fuggir!

AZUCENA
Non attristarti: Far di me strazio
non potranno i crudi!

MANRICO
Ah! come?

AZUCENA
Vedi?… Le sue fosche impronte
m’ha già stampato in fronte
il dito della morte!

MANRICO
Ahi!

AZUCENA
Troveranno un cadavere
muto, gelido!… anzi uno scheletro!

MANRICO
Cessa!

AZUCENA
Non odi?… gente appressa…
I carnefici son…
Vogliono al rogo trarmi!…
Difendi la tua madre!

MANRICO
Alcuno, ti rassicura,
qui non volge…

AZUCENA
Il rogo!
Parola orrenda!

MANRICO
Oh madre!… oh madre!

AZUCENA
Un giorno, turba feroce
l’ava tua condusse al rogo…
Mira la terribil vampa!
Ella n’è tocca già!
Già l’arso crine al ciel
manda faville!…
Osserva le pupille
fuor dell’orbita lor!…
ahi… chi mi toglie
a spettacol sì atroce?

(cadendo le braccia di Manrico)

MANRICO
Se m’ami ancor,
se voce di figlio ha possa
d’una madre in seno,
ai terrori dell’alma
oblio cerca nel sonno,
e posa e calma.

AZUCENA
Sì, la stanchezza m’opprime,
o figlio…
ha posa d’una madre in seno,
ai terrori dell’alma
oblio cerca nel sonno,
e posa e calma.

MANRICO
Riposa, o madre: Iddio conceda
men tristi immagini
al tuo sopor.

AZUCENA
(tra il sonno e la veglia)
Ai nostri monti… ritorneremo…
L’antica pace… ivi godremo…
Tu canterai… sul tuo liuto…
In sonno placido… io dormirò!

MANRICO
Riposa, o madre:
io prono e muto
la mente al cielo rivolgerò.

(Si apre la porta, entra Leonora: gli anzidetti, il Conte con Armati)

MANRICO
Ciel!..
Non m’inganna quel fioco lume?…

LEONORA
Son io, Manrico…

MANRICO
Oh, mia Leonora!
Ah, mi concedi, pietoso Nume,
gioia sì grande, anzi ch’io mora?

LEONORA
Tu non morrai… vengo a salvarti…

MANRICO
Come!… a salvarmi?,
fia vero!

LEONORA
Addio…
Tronca ogni indugio…
t’affretta…parti…

(accennandogli la porta)

MANRICO
E tu non vieni?

LEONORA
Restar degg’io!…

MANRICO
Restar!…

LEONORA
Deh! fuggi!…

MANRICO
No.

LEONORA
Guai se tardi!

MANRICO
No…

LEONORA
La tua vita!…

MANRICO
Io la disprezzo…
Pur figgi, o donna,
in me gli sguardi!…
Da chi l’avesti?…
Ed a qual prezzo?…
Parlar non vuoi?…
Balen tremendo!…
Dal mio rivale!…
Intendo… intendo!…
Ha quest’infame l’amor venduto…
Venduto un core che mi giurò!

LEONORA
Oh, come l’ira ti rende cieco!
Oh, quanto ingiusto,
crudel sei meco!
T’arrendi… fuggi, o sei perduto!
Nemmeno il cielo salvar ti può!

AZUCENA
(dormendo)
Ai nostri monti… ritorneremo…
L’antica pace… ivi godremo…
Tu canterai… sul tuo liuto…
In sonno placido… io dormirò…

MANRICO
Ti s …

LEONORA
Non respingermi…
Vedi?… Languente, oppressa,
lo manco…

MANRICO
Va’… ti abbomino…
Ti maledico…

LEONORA
Ah, cessa!
Non d’imprecar, di volgere per me
la prece a Dio è questa l’ora!

MANRICO
Un brivido corse
nel petto mio!

LEONORA
(Cade bocconi)
Manrico!

MANRICO
Donna, svelami… Narra.

LEONORA
Ho la morte in seno…

MANRICO
La morte!…

LEONORA
Ah, fu più rapida
la forza del veleno
ch’io non pensava!…

MANRICO
Oh fulmine!

LEONORA
Senti! la mano è gelo…

(toccandosi il petto)

Ma qui…
Qui foco orribile arde…

MANRICO
Che festi!… o cielo!

LEONORA
Prima che d’altri vivere…
Io volli tua morir!…

MANRICO
Insano!… ed io quest’angelo
osava maledir!

LEONORA
Più non resisto!

MANRICO
Ahi misera!…

(Entra il Conte, arrestandosi sulla soglia)

LEONORA
Ecco l’istante…
Io moro… Manrico!
Or la tua grazia…
Padre del cielo… imploro…

CONTE
Ah! volle me deludere,
e per costui morir!

LEONORA
Prima… che… d’altri vivere…
Io volli… tua morir!

(Spira)

CONTE
(additando agli armati Manrico)

Sia tratto al ceppo!

MANRICO
(partendo tra gli armati)
Madre… oh madre, addio!

AZUCENA
(destandosi)
Manrico!… Ov’è mio figlio?

CONTE
A morte corre!…

AZUCENA
Ah ferma!… M’odi…

CONTE
(trascinando Azucena verso la finestra)
Vedi?…

AZUCENA
Cielo!

CONTE
È spento!

AZUCENA
Egli era tuo fratello!..

CONTE
Ei!… quale orror!…

AZUCENA
Sei vendicata, o madre!

CONTE
(inorridito)
E vivo ancor!

FINE